Elea, un computer pioniere
italiano
intervista a Franco
Filippazzi
Lei ha fatto parte del
gruppo di ricercatori che ha progettato l'Elea 9003, il primo computer
italiano. Come è entrato in contatto con quel progetto?
NELLA PRIMAVERA DEL 1955 apparve sui principali quotidiani italiani un annuncio della Olivetti
in cui si cercavano fisici e ingegneri per avviare una nuova attività
in campo elettronico. Ero laureato in fisica, avevo qualche anno di
ricerca in elettronica, la cosa mi incuriosiva e perciò risposi
all'annuncio. Fu così che mi ritrovai nell'ottobre 1955 a Pisa,
e più precisamente all'Istituto di Fisica dell'università.
Questa fu, infatti, la sede iniziale di lavoro del piccolo nucleo
di ricercatori assunti dalla Olivetti. Dopo qualche mese, il gruppetto
si trasferì in un proprio laboratorio che, nel frattempo, era
stato approntato vicino a Pisa, a Barbaricina.
Com'era l'ambiente del vostro gruppo di lavoro?
Eravate "scienziati pazzi"?
ERAVAMO UN PICCOLO GRUPPO, tutti giovani, e avevamo la sensazione
di vivere un'avventura non comune, di affrontare una eccitante sfida
scientifica e tecnologica. Si lavorava sodo, ma con grande libertà.
D'estate, a mezzogiorno si andava a Marina di Pisa, lontana una decina
di chilometri, a fare il bagno, ma poi ci si tratteneva in laboratorio
fino a tarda sera.
La sede di lavoro, per la verità, non faceva pensare a cose
futuribili, ma richiamava piuttosto il buon tempo andato. Si trattava
infatti di una antica villa padronale, in cui le apparecchiature piene
di valvole, fili arruffati e spie lampeggianti creavano uno strano
contrasto con gli stucchi e le volte ad arco. Sul soffitto della mia
stanza era dipinto un gioioso girotondo di putti e guardando fuori
dalla finestra potevo vedere un andirivieni di cavalli. A Barbaricina,
infatti, venivano a svernare i destrieri da corsa più famosi,
tra cui c'era allora il mitico Ribot.
Che tipo di persona era Mario Tchou, il direttore?
LO RICORDO COME una
persona aperta, capace di far sentire a suo agio ciascuno di noi.
Com'erano i vostri rapporti con gli americani?
C'era competizione o scambio di informazioni?
ALLORA NON C'ERA ANCORA il predominio degli Stati Uniti nell'industria
informatica e le novità venivano spesso dall'Europa. Gli addetti
ai lavori non erano molti e in generale comunicavano volentieri tra
loro. Bisogna però tener conto che le occasioni per scambiarsi
idee ed esperienze erano a quel tempo assai limitate, non c'erano
i convegni e le pubblicazioni d'oggi, Internet e la posta elettronica
dovevano ancora venire... Poteva così succedere che qua e la
nel mondo si riinventassero le stesse cose, che si lavorasse su idee
che qualcuno, da qualche altra parte, aveva già approfondito
e magari scartato. Oggi dobbiamo addirittura difenderci dal pericolo
di essere sommersi dalle informazioni, ma allora il problema era proprio
il contrario.
Il gruppo dei ricercatori Olivetti a Barbaricina,
vicino a Pisa
Come si svolgeva praticamente la programmazione
di un computer negli anni '50?
I PROGRAMMI ERANO SCRITTI in istruzioni elementari di macchina.
Per programmare occorreva quindi conoscere in dettaglio la struttura
logica di quest'ultima.
Quale problema
si è rivelato di soluzione più difficile durante la
realizzazione dell'Elea?
è DIFFICILE FARE una graduatoria, ma se vogliamo citare
una decisione difficile questa fu certo l'abbandono del progetto a
valvole, in fase già avanzata, per passare ai transistori.
Quest'ultimo era allora un oggetto
ancora raro, con vistose limitazioni e prestazioni ridotte. Il suo
uso era in pratica limitato alle radioline, che costituivano a quel
tempo ancora una primizia. Con lungimiranza e tempestività,
si decise di abbandonare l'implementazione a valvole, già in
fase avanzata, e passare ad una riprogettazione di tutto il sistema
con transistori. Ciò poneva non pochi problemi e uno in particolare
va ricordato.
I transistori allora disponibili conducevano correnti molto basse,
dell'ordine di qualche milliampere. Se ciò andava bene per
le parti logiche della macchina, non altrettanto poteva dirsi per
altri organi, quale in particolare la memoria. Per questa, infatti,
allora costituita da nuclei magnetici, occorrevano impulsi di svariate
centinaia di milliampere. Il problema fu risolto e anche la memoria,
basata su un sistema originale di selezione per anticoincidenza, potè
fare a meno delle valvole.
Ha conosciuto
Adriano Olivetti? Veniva qualche volta da voi? Che impressione faceva?
ANCHE SE ERA STATO L'ISPIRATORE dell'iniziativa nei computer, in effetti egli lasciò al figlio
Roberto il compito di seguirla da vicino. Adriano Olivetti era comunque
un personaggio mitico.
Qual era
a suo parere la soluzione più brillante nell'Elea? E invece
avete commesso qualche errore?
DI SOLUZIONI GENIALI ce n'erano parecchie, basta vedere i
brevetti depositati anche all'estero. Quanto agli errori, ce ne sono
sicuramente stati, ma non ricordo niente di sostanziale.
Come reagiva la gente comune quando veniva a
sapere che lei lavorava sui computer?
A QUELL'EPOCA IL COMPUTER era un oggetto misterioso e quelli
che ci lavoravano erano forse considerati un po' una setta...
Bibliografia
.:. F. Filippazzi, G. Sacerdoti. Progetto
Elea: il primo computer made in Italy. (Atti del Convegno internazionale
sulla storia del calcolo automatico e dell'informatica, Siena, 10-12
settembre 1991)
.:. Dal Quipo al Chip (catalogo della mostra), SMAU 1987
.:. F.
Filippazzi, Il computer tra fantasia e realtà, CUEN
1996
.:. G. Di Stasio, Le origini dell'informatica
in Italia: Elea 9003, in MC Microcomputer 178, novembre 1997
Coordinamento di progetto: Giuliano Gaia, Enrico Miotto.
Testi di Giuliano Gaia.
Si ringraziano Franco Filippazzi, Gianfranco Soresini, Corrado Giustozzi,
Gianfranco Nizzica.