Si chiama così perché arrivarci era un'impresa. Come cambia il mondo...
.:. Come in quasi tutte le grandi città europee a partire dall'800, anche a Milano i binari della ferrovia arrivano da tutte le direzioni principali (Torino, i valichi alpini con la Svizzera, Venezia, Roma...) fino a penetrare in quello che oggi è il centro cittadino. Due secoli fa le stazioni ferroviarie erano nelle periferie urbane, ma il progressivo dilagare degli abitati grazie alla crescita economica e al miglioramento delle condizioni di vita ha trasformato le periferie di una volta in quartieri centrali.
Appena
sopra la stazione Garibaldi, fu proprio per i confini creati dai binari che il quartiere Isola prese il nome. Nel frattempo le cose sono cambiate, e anche se la stazione c’è ancora e – rinnovata – vede passare 25 milioni di passeggeri all’anno, l’Isola è diventata uno dei quartieri “periferici” più vicini al centro città. Ma per certi aspetti rimane ancora un luogo ben definito con caratteristiche proprie, una sorta di paese con la sua identità che si sviluppa attorno alla sua strada principale, via Borsieri. I
confini - tra Piazzale Lagosta, Via Ugo Bassi, Via Pastrengo e la stazione – sono un po’ sfrangiati, e chiedendo in giro si finisce per perdersi nel mare delle opinioni. Dove inizia e dove finisce l’isola? Contano anche Viale Stelvio e Via Farini, dove restano alcuni caratteri evidenti, dalla multietnicità di abitanti e negozi alla presenza di locali che della loro presunta appartenenza all’Isola fanno un vanto?
All’Isola si esce, si sta fuori più che altrove, per strada e nei parchetti, ai tavolini all’aperto dei locali, a mangiare il gelato. È un quartiere di piccoli negozi, di alimentari asiatici aperti fino a tarda sera, di bar, pub e ristoranti che spaziano
dal nazional-popolare al radical chic. Fino a poco tempo fa si sarebbe detto anche che era un quartiere di
centri sociali: la Pergola e la Stecca degli Artigiani, sgomberata la prima e direttamente rasa al suolo la seconda, sono un ricordo, simbolo di una Milano che sta lentamente e forse confusamente cercando di cambiare il suo volto. L’Isola è parte integrante di questo progetto di
rinnovamento, con quella Città della Moda che vuole portare qui il cuore delle attività del settore, tra studi, agenzie e residenze di lusso per professionisti e modelli. Mentre ancora se ne parlava soltanto, i prezzi delle case sono aumentati. Così vecchi palazzi di ringhiera per anni affittati non soltanto agli immigrati – prima italiani e poi stranieri – ma anche agli studenti fuori sede del Politecnico, convivono con interi stabili restaurati in vendita a prezzi tutt’altro che bassi. È un cambiamento controverso, al quale diverse associazioni - quelle stesse che stanno facendo i conti con la chiusura di spazi pubblici e circoli alternativi - cercano di reagire con nuove iniziative. Come la rete di associazioni
ADA Stecca, che continua a operare nella sede ridotta ma attiva di vicolo De Castilia 21 e porta avanti
progetti alternativi, dalla Ciclofficina agli orti urbani. Il fermento culturale si ritrova anche negli spazi espositivi. Per l’
arte contemporanea spicca
O' (Via Pastrengo 12), erede dell’associazione no profit nata nel 2001 con il nome di O’Artoteca: qui si svolgono periodicamente mostre e performance, ma soprattutto si confrontano artisti che su diretto invito dell’associazione trovano alloggio e spazio per fare progetti e ricerche da trasformare in performance al termine del loro periodo di residenza. Per la
fotografia si può fare un salto anche da
MiCamera (Via Medardo Rosso 19), libreria specializzata da tenere d’occhio per workshop e mostre.
Ma è soprattutto
la sera che, rientrati in casa bambini e anziani residenti, l’Isola si anima dall’aperitivo in poi con gli avventori dei locali, spesso habitué che si incontrano qui a colpo sicuro magari prima di andare da qualche altra parte. I più famosi? Il
Frida Cafè (Via Pollaiuolo 3), che ha saputo sopravvivere all’ondata di perbenismo mettendosi un vestito nuovo ma senza rinunciare completamente alla sua iniziale vocazione di luogo di aggregazione, aperto un po’ per tutti, dove bere una birra o un cocktail a prezzi accessibili magari ai tavolini del dehors (se si riesce a trovare posto). Di altro tipo, ma forse ancor più celebre anche per chi non ci ha mai messo piede, il
Blue Note (via Borsieri 37): nel tempio milanese del jazz si può anche cenare durante concerti di alto livello, proprio come si farebbe nell’omonimo jazz club di New York del quale è figlio.
Ma chi frequenta i locali dell’Isola sa andare oltre i soliti nomi e ritagliarsi una nicchia, un salvagente anche
low cost. Si dice che uno dei kebab migliori di Milano sia quello turco di via Borsieri 28. E che buoni ricordi li lasci anche la gelateria di fronte, al numero 25. Un paio di vie più in là, verso piazzale Fidia, la selezione di birre artigianali dell’
Isola della Birra (via Medardo Rosso 15) lascia il segno, e per arrivarci potreste imbattervi sul marciapiedi nel gruppo di clienti del Wasabi (via Pollaiuolo 8), o in un paio di trattorie dai prezzi popolari: la pizzeria ristorante Alla Fontana (via Thaon di Revel 28) e Lo Stuzzichino (via Porro Lambertenghi 13), animata la prima e un po’ più in ombra il secondo, ma entrambi soddisfacenti per una cena semplice, dalla pizza alla paella.
Forse per la movida notturna l’Isola non sarà iperfrequentata come Sempione o Ticinese, ma in fondo la sera e la notte restano il momento migliore per vivere l’atmosfera di questo quartiere. Magari prima che il suo processo di cambiamento sia concluso.
[Elisa Munafò]